Il caso Peggy Guggenheim

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Per capire quanto sia labile il confine tra galleria d’arte e museo, forse nessun esempio è più emblematico di quello di Peggy Guggenheim.

Nata in una famiglia di industriali con il pallino dell’arte (a suo zio è intitolato il Solomon R. Guggenheim Museum di New York, mentre sua figlia fu importante pittrice), Peggy rimase orfana giovanissima e potendo disporre di una cospicua eredità iniziò a investire su artisti di talento del suo circolo di amicizie.

Fu lei a scoprire personaggi come Vasilij Kandinskji, fra i tanti, e aprì due gallerie rimaste fondamentali nella storia: a Londra la Guggenheim Jeune, quasi a filo di scoppio della Seconda guerra mondiale, a New York la Art Of This Century. Quest’ultima viene chiusa nel 1947, momento nel quale Peggy decide di passare dal commercio alla tutela dei suoi amici artisti: nel 1949 apre la Peggy Guggenheim Collection, un museo privato ma pur sempre museo, dove fra gli altri sono esposti quadri di Salvador Dalí, Magritte, Picasso, oltre che artisti italiani contemporanei come Carla Accardi, Lucio Fontana o Alberto Burri.

Dotata di grandissimo gusto e di un “occhio lungo” ancora oggi invidiato da generazioni di appassionati d’arte, Peggy Guggenheim ha contribuito da sola a creare personaggi oggi riconosciuti come mostri sacri, come il grande Jackson Pollock.

martin