Dalle wunderkammern alle gallerie: storia dell’arte “privata”
Quando si pensa ai luoghi dell’arte, è automatico andare con la mente ai musei, sia per le loro collezioni storiche sia per gli eventi temporanei che ospitano: sono la destinazione privilegiata per gli amanti della cultura che vogliono vedere da vicino statue, quadri, arazzi e altre manifestazioni della creatività umana.
Più difficile, a meno di non essere degli specialisti del settore, associare la fruizione dell’arte alle gallerie: anzi, si può dire senza tema di smentita che la maggior parte delle persone non ha mai messo piede in una di queste strutture, e che fa fatica a distinguere fra esse e i musei.
Per assurdo, però, le gallerie precedono l’esistenza dei musei, almeno nella configurazione che attribuiamo loro attualmente. Questo sito vuole allora contribuire a una maggior conoscenza su questo argomento, sfatando falsi miti e cercando di far avvicinare una nuova generazione di visitatori a questi luoghi così suggestivi.
La nascita dei musei
È risaputo che i musei, almeno a livello di nome, nascono nell’antico Egitto, ma la loro struttura non prevedeva di conservare opere d’arte quanto, piuttosto, di mettere in rete intellettuali e pensatori.
I primi musei veri e propri sono un’invenzione di migliaia di anni dopo, nati dalle elargizioni di personaggi potenti come i pontefici, i reali inglesi o i principi di casa Medici che volevano donare al “popolo” oggetti da ammirare, provenienti dalle loro personali collezioni. Il più delle volte, però, solo pochi privilegiati potevano avere accesso a queste raccolte di opere di varie epoche e di varia natura.
Appaiono le gallerie
È forse da queste forme primordiali di esibizioni che nascono le Wunderkammern. Queste sono letteralmente delle “camere delle meraviglie” che diventano popolari prima in Nord Europa e poi in tutto il continente fra XVI e XVIII secolo e dove veniva esibita quella che nel momento contemporaneo non esiteremmo a definire una “accozzaglia” di oggetti di vario genere, da opere d’arte vere e proprie a resti di animali e piante, insieme a pietre e ritrovamenti archeologici: bastava che un oggetto suscitasse la “wunder”, la “meraviglia”, per entrare a farne parte.
Ancora una volta, questi luoghi sono aperti a pochi privilegiati. Per il passaggio dalle wunderkammern alle gallerie come le intendiamo oggi bisognerà attendere fino al XIX secolo, quando accanto a quei musei già esistenti, diventati patrimonio pubblico, iniziano a nascere le figure dei commercianti d’arte. A volte essi sono padroni di wunderkammern, ma molto più spesso si tratta di imprenditori, per lo più in Francia e in Inghilterra, che hanno intuito il potenziale commerciale dietro la vendita di opere d’arte: sì, è un’operazione culturale, ma il loro rientro sta nel cercare le tasche gonfie di denaro dell’alta borghesia e dell’aristocrazia, che hanno disponibilità economiche e vogliono circondarsi di oggetti belli ed esclusivi.
Una dinamica che, facendo i debiti distinguo, non è mai veramente cambiata nonostante i secoli trascorsi.